Dopo il Green pass

Un virus è qualcosa di difficile da immaginare: una piccolissima catena di acido nucleico, su cui sono scritte informazioni per plasmare materia organica, incapace, però, di produrre qualcosa senza un organismo ospite.
Una sorta di informazione fatta di inchiostro, ma che ha bisogno della carta per essere scritta. Questa sua caratteristica rende il virus difficile da trattare, ma ne costituisce anche il limite.
Le informazioni del virus, trascritte  su una cellula infettata (detta virione) possono permanere e diffondersi nell’organismo. 
Pur così elementari, i virus possono essere di diversi tipi. Un modo per distinguerli è il tipo di acido nucleico da cui sono costituiti: DNA (più stabile) o RNA (più instabile). 
Un altra caratteristica è il mezzo con cui si diffondono: se basta il contatto con microscopiche gocce di saliva,  tanto da potersi diffondere attraverso il respiro, o se ci vuole il contatto col sangue o altri fluidi, diffondibile per via sessuale o per contatto col sangue.
Ovviamente importante è distinguere i virus per gli effetti che possono avere sul nostro corpo. Il virus del raffreddore è diverso da quello del morbo di Ebola. Questo fa del virus del raffreddore un virus di successo: lasciamo con una certa noncuranza che si diffonda, mentre ogni volta che in qualche parte dell’Africa si è manifestato il virus Ebola, si alzano immediatamente altissime  barriere di isolamento verso le comunità colpite. 
Il COVID19 o SARS COV2 è un virus a RNA, per cui trasmettendo muta con facilità; è un virus a trasmissione aerea, per cui si diffonde con facilità; è un virus che provoca una mortalità importante, ma non uccide tutti coloro che si infettano: ad oggi ha manifestato una mortalità di circa l’1%.
Queste sue caratteristiche, hanno fatto sì che, innestato nella popolazione umana, in questa fase storica, esso ha potuto diffondersi in tutto il mondo con questa velocità e letalità. 
Infatti il covid ha tanti punti a suo vantaggio: basta l’alito a trasmetterlo e inoltre  tanti non ne hanno timore, perché guardano alle esperienze delle persone che si sono infettate senza o con pochi sintomi. In più il covid passando da un ospite all’altro genera facilmente delle mutazioni che potrebbero renderlo più o meno contagioso, più o meno letale. 
L’impatto di questa malattia è stato enorme sull’umanità in generale e sul nostro Paese in particolare. 
Il 21°secolo è un tempo di grandi collegamenti tra luoghi e comunità anche molto distanti. È un tempo in cui i poteri pubblici sono fortemente condizionati dai poteri privati e anche e per questo soffrono di carenza di autorevolezza sulle società che amministrano, società estremamente diseguali, fortemente conflittuali e insofferenti delle regole e delle indicazioni provenienti dall’alto.
Nella prima ondata pandemica nessuno sapeva nulla dei meccanismi di trasmissione del virus e della sua azione sull’organismo. Ci si è trovati con gli ospedali pieni di persone malate, con tanti sanitari caduti, curando una malattia che non conoscevano. 
L’unica cosa che si capiva era che il covid si trasmette per via aerea ed era necessario l’isolamento. Ma poiché la letalità non era di totale evidenza, in tanti si permisero di prendere la questione sottogamba, acuendo il problema. Pensiamo ai no mask, o agli imprenditori che continuavano a produrre per consegnare. Quanti morti in Lombardia! 
Poi con uno sforzo enorme (finanziato dagli Stati) sono stati creati i vaccini. Erano indispensabili  per i sanitari, rendendo più sicuro il lavoro del personale più esposto e necessario. Il vaccino è stato necessario anche e quantomeno per ridurre i sintomi ed evitare che il contagio provocasse tanti ricoveri in terapia intensiva e tanti altri morti. In quella fase  abbiamo visto la corsa di tante categorie a vaccinarsi per prime – anche prima di anziani, malati e categorie a rischio.
Oggi che sono disponibili i vaccini – nell’Occidente ricco – si tende a realizzare la vaccinazione di massa per “tornare alla situazione pre covid” . 
È una strada percorribile? E dove porta? 
Ma prima di tutto una domanda: la situazione pre covid è un obiettivo? 
Il passaggio all’uomo del virus può inquadrarsi tra le conseguenze del nostro rapporto con l’ambiente naturale. Continuiamo a saccheggiare l’ambiente come se le risorse, aria, acqua, suolo, fossero  senza fine. Trattiamo gli animali come fabbriche di carne e li alleviamo in  condizioni atroci. Si potrebbe continuare per molto. 
D’altro canto le criticità della societa attuale, non sono necessitate; sono figlie di scelte politiche e culturali. 
La verità è che la pandemia ha svelato una gran quantità di storture e la cosa peggiore che potremmo fare è ignorare il messaggio forte e chiaro che ci ha trasmesso. Intanto ci apparecchiamo a fare proprio così: a curare i sintomi della crisi ambientale, lasciando inalterate le cause.
Cominciamo coi vaccini. Sono venduti col criterio del massimo profitto e non del massimo vantaggio per le persone. Così per sfruttare i brevetti si limita la quantità producibile e la disponibilità per i paesi più poveri. Senza dire dei vaccini alternativi a quelli prodotti da USA ed Europa, che vengono ostacoli per ragioni geopolitiche. Pensiamo ad esempio ai vaccini cubani, prodotti nonostante l’embargo. 
L’attacco alla pandemia può essere condotto con l’isolamento, coi vaccini e con la cura delle persone malate. L’isolamento è stata la prima, naturale reazione, ma comporta un enorme modifica dei comportamenti sociali.  Tra tutti i costumi quelli relativi ai modi  di consumo e di produzione sono stati difesi con forza dalle elites. Anche a costo di lasciar rinfocolare la pandemia. Pensiamo agli USA di Trump, al Brasile di Bolsonaro, ma anche alla Lombardia di Fontana. 
L’attacco migliore sarebbe mischiare vaccini e miglioramenti alle tecniche di cura. Finora, però sembra che queste comportino grandi cambiamenti di gestione dell’economia: ci vorrebbe una ricostruzione della medicina territoriale e dell’assistenza medica di base. Ogni malato andrebbe seguito singolarmente con cure modulate sulle reazioni del suo corpo al virus. 
I vaccini, hanno costituito una modalità efficace per fermare l’ondata di ricoveri nei reparti e nelle terapie intensive, che avevano bloccato gli ospedali, ma sembra proprio che non fermino la diffusione del virus e con quella le mutazioni, potenzialmente pericolose. Quindi i vaccini non esentano da un prudente distanziamento.

Quindi il Greenpass, funzionale a spingere le persone a vaccinarsi, non attesta l’innocuità di coloro che ne dispongono.


Torniamo alla questione iniziale: si può ricominciare dal vecchio modo di amministrare la società la salute, la produzione rapsce ed il consumo compulsivo? Oppure bisogna operare grandi cambiamenti?


Approcciare  la pandemia con coraggio e intelligenza può portarci con più speditezza a cambiamenti da sempre necessari  per rispetto della dignità delle persone e da sempre evitati per le convenienze economiche di pochi: trasporti pubblici abbondanti dove persone non si schiacciano le une alle altre, classi scolastiche di quindici o venti alunni, case decenti disponibili per tutte le famiglie, una medicina territoriale attenta sin dalla prevenzione, lavoro rispettoso della sicurezza e della salute delle persone. Uso attento dell’energia e investimenti sulla ricerca e sulla istruzione superiore. E, più in generale, attenzione a ciò che succede intorno a noi, anche nei luoghi più lontani. Perché i problemi possono generarsi lontano, ma si muovono e ci raggiungono.


L’alternativa è continuare a cercare false soluzioni, che generino cambiamenti apparenti, spostando in avanti la resa dei conti con la Natura.

Francesco Campanella e Gian Luca Eusebi Borzelli