Volendo alzare lo sguardo per guardare più in là, per immaginare uno scenario diverso, è utile valutare due aspetti: le criticità del sistema mercatocentrico e i possibili percorsi di cambiamento.
Cominciamo col dire che il mercato e le ideologie che lo sottendono ha una formidabile agenzia di propaganda implicita nella pubblicità, che se è divenuta nel tempo sempre più efficace nel convincere della bontà del prodotto reclamizzato, è oramai da decenni un veicolo di formazione subliminale di consenso: si può preferire un marchio di detersivo o un altro , ma non si mette in discussione che un lenzuolo debba essere candido per poter essere steso su un letto; si può preferire il rasoio o la ceretta, il laser o altri strumenti tecnici, ma non si discute che i peli superflui debbano essere eliminati.
La pubblicità per sua natura deve parlare a quanta più gente possibile, quindi deve utilizzare codici di comunicazione quanto più universali possibile, per cui il riferimento più o meno mediato è pressoché sempre agli istinti più basici: fame, sesso, paura. Oltretutto il riferirsi alla voglia di mangiare, congiungersi, proteggersi è effettuato in modo sempre più tecnicamente raffinato, grazie a studi di psicologia dedicata che lasciano molto poco spazio alla capacità di discernimento razionale.
Per inciso possiamo dire che l’enorme sviluppo della pratica della pubblicità e degli studi dedicati, grazie anche alla grandissima quantità di fondi disponibili, ha reso questo mezzo capace di espressioni estremamente raffinate, tanto da rendere alcune performance vere e proprie forme d’arte. La qualità degli strumenti impiegati nulla, però, toglie alla sostanza manipolatoria del mezzo.
Ma la pubblicità serve ad indurre bisogni. Perciò è nata e perciò è coltivata. Ma il destinatario della pubblicità, recettore di enormi quantità di messaggi, che gli dicono che ha bisogno di quel cibo, di quell’abito, di quell’automobile, di quel viaggio, nella maggior parte dei casi non può accedere a quei beni.
E non può accedervi anche perché della ricchezza prodotta dal sistema la maggior parte delle persone non riceve che le briciole. Questo può far pensare che il sistema neoliberale, il sistema dei mercati, produca una grande quantità di frustrazione e quindi di infelicità, come prodotto di scarto.
Il dubbio che val la pena di esplorare, però, è se la frustrazione e l’infelicità non siano piuttosto uno strumento di mantenimento del sistema, purché gestite, purché indirizzate opportunamente.
Attenzione. Tutti i sistemi politici si sono basati su diverse forme di anestesia dei governati: dalle feste, agli spettacoli teatrali alle corse di bighe, ai giochi del Circo, alle religioni. Però quelle distrazioni di massa, in genere lavoravano sulle masse, che masse restavano: i popolani si incontravano, vivevano emozioni collettive, a volte si producevano in sommosse.
Una caratteristica innovativa della anestesia neoliberista dei governati è invece l’avere polverizzato il popolo, riducendolo ad una massa di individui, una massa tanto incapace di assumere forme definite, da essere indicata come liquida.
Le occasioni di socializzazione sono praticamente avversate: anche la posizione di eventi e rappresentazioni destinate al consumo collettivo sono fruite individualmente: l’esempio della circolazione dei film passata dalle sale cinematografiche prima ai DVD e poi alla distribuzione sulle piattaforme di streaming, insieme agli eventi sportivi, insieme ai giochi per ragazzi passati dai giochi fisici ai videogiochi di cui si è favorita l’esperienza on-line.
I personal computer, che erano già stati soppiantati nell’uso ludico dalle apparecchiature dedicate ai videogiochi, sono stati a loro volta sostituiti dal device più individuale di tutti: lo smartphone. Quest’ultimo strumento è diventato così pervasivo da riuscire a disgregare anche la compresenza tra pochi: capita a tutti di vedere persone in coppia o intere comitive stare vicino ma ciascuna intenta ad interagire col proprio telefonino.
Non è più fantascienza la proposta di partner virtuali mossi dalle intelligenza artificiale e generati dall’utente in base alle sue preferenze. Il trionfo del solipsismo.
Ovviamente per il mantenimento di una società così composta la scuola non è soltanto inutile: è dannosa. Dopo aver reso pressoché impossibile lavorare allo sviluppo della persona, in classi pollaio seguite da persone precarie e malpagate (dove riuscivano a lavorare bene soltanto le persone estremamente motivate), si è passati a scuole votate allo sviluppo di “risorse umane” per le imprese. Scuole che coltivassero produttori non troppo fantasiosi e volitivi.
La società frutto di questo sistema è infelice e non potrebbe essere altrimenti. Le persone sono indotte a coltivare bisogni molti dei quali irrealizzabili, gli si prospettano obiettivi spesso irraggiungibili e le si convince che se non riescono è perché non hanno meritato il successo. L’unica protezione sarebbe la famiglia, spesso ridotta a coppia, a cui ci si attacca disperatamente in assenza di altri punti di riferimento, ma anche la coppia è sottoposta a tensioni che ne aumentano la precarietà. Di fronte a una diffusa sensazione di solitudine e isolamento, gli omicidi – suicidi sono diventati frequentissimi, insieme ad altre reazioni abnormi alle situazioni conflittuali.
Tutto ciò non è un destino immutabile. Non ci si può abbandonare a questo stato di cose. Si può e si deve cambiare.
La cura sono le relazioni vere, fisiche, durature, non solo finalizzate. Una volta c’erano i partiti, o le Chiese, le quali hanno mantenuto caratteri di superfamiglia e pur attaccate da più parti e affaticate dell’individualismo, hanno resistito meglio di altre aggregazioni.
Ma quello che è da aggiustare è il modo di produrre e quello di consumare. L’iniziativa privata è sicuramente efficace per perseguire l’innovazione ma, se non controllata, si trasforma e si muove con modalità selvagge, regolata dalla legge della giungla: pochi predatori, circondati da gregari e poi la moltitudine delle prede. E le ultime innovazioni tecnologiche amplificano il problema.
Alla fine il tema è tornare a quell’equilibrio tra economia e politica scritto nella costituzione del ’48, bistrattata e a tratti stravolta dalle modifiche introdotte dalla seconda Repubblica: svilimento dei controlli parlamentari con legge elettorale maggioritaria, spostamento del baricentro legislativo verso le regioni, aprendo la strada a tentativi criptoscissionistici come l’autonomia differenziata. L’impastoiamento del Parlamento con la modifica dell’articolo 81. Adesso anche il tentativo di ridurre ulteriormente la funzione parlamentare e quella del Presidente della Repubblica, blindando il Governo.
Per non dire della drastica riduzione della progressività del sistema fiscale, che si aggiunge alla diffusa e tollerata evasione fiscale.
C’è bisogno di un vero riformismo, che si proponga di tornare allo spirito della Costituente, quella si aveva trovato una sintesi tra gli opposti.
Per farlo bisogna parlare alle persone e metterle in relazione ed esortarle a parlare del loro presente e del loro futuro, senza farselo raccontare da altri.
Non condivido al 99% quello che è stato scritto., e forse neanche al 60%: intanto lo snartfone ha un sacco di applicazioni utili per sapere delle cose, imparare un mestiere, trovare clienti, scambiare informazioni, comunicare, organizzare, poi c’è la parte ludica che potrebbe fare danni, ma non è che nei 80 anni precedenti non ci fossero giovani che si ubriacato, che finivano fuori strada o che si drogassero.E gli adulti benpensanti, in questi ultimi 70 anni, pur senza smartfone, hanno organizzato stermini di massa, bombardamenti con bombe nucleari, inquinamento, rapina e sfruttamento.E forse i giovani non sanno chi erano i fratelli Cervi, ma hanno la consapevolezza di non volere continuare a essere governati dai boomerang e dai millenials
Non mi pare che l’articolo fosse incentrato esclusivamente sull’uso ( o abuso ) dello smartphone quindi forse sarebbe utile una rilettura ed un commento che consenta di capire cosa non la convince.
In quanto ai boomers o millenials la considero una battuta di spirito e nulla più.
Grazie per aver letto per intero il post e per averlo commentato.
Forse il giudizio iniziale è affrettato.
In effetti il testo non parla solo dei telefonini, ma di un orientamento sella nostra società che tende a franmentarci ed ad accentuare le spinte individuali, anche disincentivando il confronto tra persone, tanto che si suggerisce come cura proprio l’organizzazione di incontri e la creazione di relazioni.