Come facciamo l’unità?

Equologica2020 ha avuto sicuramente il merito di evidenziare che le organizzazioni della Sinistra politica in Italia, per intenderci quelle socialiste e ambientaliste, insieme a quelle che si battono per l’espansione ed il rafforzamento dei diritti civili, hanno una vasta convergenza sugli obiettivi ultimi della propria azione politica: obiettivi sacrosanti come un ambiente vivibile, la possibilità per tutti di immaginare progetti di vita, e la protezione dalla povertà e dalle malattie. Tale ampia convergenza sugli obiettivi finali peraltro non è cosa nuova, tanto che in molte tornate elettorali le forze di sinistra si sono alleate in liste congiunte per affrontare le consultazioni. Queste unioni però non hanno conosciuto il successo che la qualità degli obiettivi poteva far sperare. Perché? Le cause dei fenomeni umani, e di quelli sociali e politici in particolare, non agiscono mai singolarmente, ma appare evidente che ogni tentativo di instaurare una collaborazione tra soggetti politici ha avuto una condizione e l’ha avuta sempre: la sinergia è stata promossa dalle dirigenze politiche, mentre le basi di militanti e di elettori sono state mantenute distinte e distanti.
I vertici dei diversi soggetti politici ogni volta si sono riuniti in luoghi più o meno istituzionali, con l’assunto di portare con sé ciascuno una fetta di consenso. Solo che non solo quel consenso era assai più volatile di quanto ritenessero, ma i consensi di ciascuno non si mescolavano a quelli dell’altro, anche perché tante organizzazioni erano nate per scissioni e differenziazioni promossi da quegli stessi vertici organizzativi. Le persone che stanno alla base dei diversi soggetti della Sinistra e dell’ambientalismo italiano sono quindi tanto eterogenee da non poter essere sommate tra loro neppure in prospettiva? No. Con un processo di confronto continuo portato sulle questioni concrete potrebbero in tempi ragionevoli produrre delle riflessioni comuni. La domanda è: i vertici organizzativi vogliono questa fusione alla base? Questa fusione a caldo, vera, in cui i diversi militanti di base e gli elettori in qualche modo si omogeneizzino? Il processo dovrebbe essere quello: dovrebbe coinvolgere pienamente la base politica, anche per consentire l’accesso di persone e istanze nuove, anche più fresche e per età o per novità dell’impegno politico. Questo comporterebbe una conseguenza: da un dibattito diffuso, vero e senza divisioni apriori nascerebbero anche altri, nuovi leader, espressi dalla nuova base comune. È un problema?

Francesco Campanella

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